QUELLI
CHE IL CALCIO...QUELLI DEL CAMPELLO
Marina
di Campo verso la metà
del secolo scorso, negli anni della rinascita post-guerra,
vista nella sua voglia di crescere e con la sua gioventù tesa a
superare le difficoltà del momento
.
Marina
di Campo, 20 settembre 2005
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Che
anni incredibili furono gli anni ’50! Creativi e imprevedibili per noi
giovani. Si viveva nel clima del dopoguerra. La gioventù
partecipava alla vita del paese, in continuo divenire, fatta di
rapporti semplici. I giovani, si arrabattavano, divertendosi.
A Campo, come un po’ ovunque all’Isola d’Elba, si stava
vivendo nel disagio economico-sociale e nell’incertezza del futuro. Con
la disperazione cominciava l’emigrazione in tutta l’Elba. Nello stesso
tempo continuava lentamente l’immigrazione. La chiesetta dedicata a San
Gaetano, con don Zanotti prima e don Aldo dopo, era il riferimento per
pescatori, marinai con i loro bastimenti e contadini che si avvicinavano
alla marina.
I
primi giornali e le prime radio aprirono il cuore e illuminarono lo
spirito. Pochissime erano le automobili e diffuse le biciclette.
Non c’erano ancora gli elettrodomestici. Nel porto ormeggiavano i
bastimenti che trasportavano botti di vino e barre di granito. Dovevano
ancora arrivare i moderni yacht, motoscafi e panfili.
Erano anni duri per i giovani. I giovanotti come Pasqualino
Esercitato, Franco Gimelli, Vittorio Ricci, Alberto Matteoni e Giorgio
Mattera, cominciavano, ognuno a proprio modo, ad affrontare seriamente la
vita impegnandosi nel lavoro o in studi religiosi. Le difficoltà
apparivano insuperabili in tutto il Comune. Ovunque si aveva una grande
voglia di rinascere con una grande fiducia nel domani. Alcuni cominciarono
a navigare sui bastimenti o sulle barche da pesca, altri a lavorare
nelle campagne o nelle cave di granito. Altri ancora, supportati dalle
famiglie, si dedicarono allo
studio.
Io
ero un ragazzo e cominciavo ad aprire gli occhi sulla vita.
I
giovanotti frequentavano i locali del tempo come il “Circolino
Quadrato” gestito da Antonio Ricci detto il Dottorino, la cantina di
Antonietta la pozzuolana conosciuta come Montecatini,
il bar da Elio, il bar dell’albergo Miramare, il bar-trattoria
La Serenella, poi sul porto, il bar da Mario. Il cinema del paese
dava spesso film italiani, d’avventura
o d’amore. I ragazzi giocavano a “guardie e ladri”, “ruba
bandiera”, a “scaricabarile” o si impegnavano in altri giochi
semplici. Per gli amanti del
mare c’erano le grandi nuotate nel golfo di Campo e talvolta la pesca.
Si andava a totanare allo
scoglietto e a pescare a bollettino alla grotta del vescovo. Infine
c’era il Capriccio che aveva aperto la nuova attività balneare, proprio
sulla spiaggia. Qui i ragazzi giocavano a Ping Pong e a Calciobalilla mentre i giovanotti ci andavano a ballare con
le ragazze. C’era quella dei Soria
di Sant’Ilario e poi “Vallechiara” con il cantante Galletti.
C’erano le cabine padronali della buona borghesia, in legno, lungo la
spiaggia. Si vedevano i primi
turisti.
Il
sogno più grande per molti di noi, giovani e meno giovani, era
l’America. Si capiva il particolare momento che Campo stava vivendo e si
sentiva il risveglio nell’aria. Soprattutto noi giovani eravamo attenti
alle novità. Si volevano veder film americani, si leggevano giornaletti
di Tex Willer che parlavano di caw-boy, si cantavano canzoni americane, si
masticava la cingomma.
Era
il risveglio della primavera, affascinati dalla vita, dopo il buio inverno
della guerra.
Nell’atmosfera
inebriante di quegli anni vivevo spesso sulle ali della fantasia ma
partecipavo anche alla vita reale. Mio padre, nel periodo estivo portava
me e mio fratello Mario a pescare con la Grazia, peschereccio di famiglia.
Potevo vivere e lavorare sulla barca come gli altri pescatori
e mi sentivo già un uomo come loro. Ogni due o tre mesi mi
tagliavo i capelli andando in una delle due barberie esistenti: da Giulio,
quando volevo ascoltare le discussioni di sport e dai fratelli Nesi quando
desideravo ascoltare le piacevoli osservazioni sulle donne e sulla moda.
A casa, durante il pranzo, avvenivano vivaci
discussioni sportive fra me e mio fratello: io ero tifoso del
Torino e lui della Juventus,
a me piaceva Bartali e a lui Coppi.
Come
altri ragazzi, terminate le elementari,
ero impegnato negli studi. Con alcuni amici, frequentavo la scuola
a Campo. Con me c’erano Renzo e Giancarlo Mazzarri, Alessandro Giffoni,
Giancarlo Savigni, Sergio Fatarella, Alberto Gentini detto il Conte, Bruno
Campatelli e Oddone Segnini.
Altri andavano a studiare a Portoferraio con la corriera e ritornavano
ogni giorno: Maestrini e Biisecchi erano gli autisti. Altri ancora andavano a studiare a Livorno ritornando a Campo
per le feste. Soprattutto in estate ma anche per Natale e Pasqua
incontravo gli amici
Giampaolo Mattera, Claudio Baldetti con i fratelli Luigi e Antonio, Pietro
Spinetti e il fratello Paolo, Piero Esercitato, Aldo Colombi e
Cesare Ditel. Altri ancora, come Eugenio Spinetti, Ernesto Ferraro,
Giorgio Bancalà e quindi i fratelli Adalberto e Fernando Bonempelli,
proseguirono gli studi in continente. Piero e Paolo Danesi, figli di
Tagliola, si spostarono con la famiglia in Lombardia dove continuarono gli
studi.
Alcune
famiglie, per difficoltà, non mandarono
i loro figli a scuola dopo le elementari. Alcuni figli di pescatori come
Piero Greco, Peppino Sandolo e Elio Vitiello come pure Elia e Fiora
Sandolo dovettero fermarsi. Anche molti figli di contadini e di artigiani
non poterono proseguire negli studi, dovendo lavorare. Antonio Battaglini,
Giorgio Spinetti, Vincenzo e Agostino Dini detto Pipi, Lenzi Marcello
detto Sciupalegno presero altre vie. Quasi tutte le ragazze di quel tempo
non proseguirono negli studi superiori. Annamara Bandiera, Narcisa e
Fiorella Battaglini, Ivana Segnini, Enrichetta e Mirella Spinetti,
Antonietta Barsalini, Antonietta Galgani e Lida Perna che amavano molto la
scuola dovettero fermarsi.
Mi
sentivo un privilegiato grazie al sacrificio dei miei genitori che avevano
accettato la mia scelta di vita e si impegnavano per sostenerla. Passavo
il mio tempo fra libri e gioco. Nascevano i primi amori innocenti.
Continuava ad affascinarmi, soprattutto, il gioco del calcio. Il 4 maggio
1949 era caduto a Superga l’aereo coi giocatori del grande Torino:
Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik,
Gabetto, Mazzola, Ossola. Quante lacrime!
La
nostra domenica, a parte la Messa del mattino,
era dedicata al calcio. Le radiocronache di
Nicolò Carosio che raccontavano le gesta di Mazzola, Boniperti,
Lorenzi, Pandolfini, Julinho, Liedholm.... ci incantavano.
C’erano poche radio nelle nostre case e non c’era ancora la
televisione. Sfogavamo il
nostro impeto giovanile sul terreno del Campello, dove ora si trova
l’Hotel Select, confinante con il terreno di Boeri su cui c’era una
stele in granito in memoria dei caduti nello sbarco degli Alleati a Campo,
la Marinella del medico Danilo Colombi su cui era installato un traliccio
con un palchetto, i campi di Cesare Battaglini detto Cesaraccio e la
spiaggia. A un lato del
terreno di gioco c’erano i tamerici usati come spogliatoi
e dall’altro c’erano dune sabbiose usate come gradinate per gli
spettatori.
Negli
’30 sul terreno del Campello si svolgeva il saggio ginnico di primavera.
Gli alunni delle elementari, di fronte ai cittadini, ai maestri e al
Podestà, partecipavano a gare sportive ed alla fine i migliori venivano premiati.
Alcuni di essi, con movimenti
coordinati di braccia e di gambe, componevano delle figure ginniche
e quindi si sdraiavano dolcemente sul terreno configurando la scritta DUX.
A quel punto un comando a voce, faceva scattare l’attenzione dei cittadini presenti
che immediatamente alzavano, teso in avanti, il braccio destro facendo il
saluto fascista
Alcuni
giorni dopo, il terreno di gioco del Campello veniva rioccupato dai
giovani, liberi e festosi per avventurose partite di calcio. E questo
accadeva ogni anno a Campo fino ai giorni drammatici della guerra.
Nel dopoguerra,
la vita riprese con la speranza e i giovani si riappropriarono
completamente del Campello.
Grandi
anni erano quelli, soprattutto in estate. Giorni meravigliosi dove si
correva spesso scalzi, su un terreno minato di scalzapreti pungenti.
Non ci potevamo permettere le scarpette con i chiodi e
le scarpe usuali si sarebbero rotte o consumate presto.
Più
tardi, verso la metà degli anni ’50 cominciammo a formare delle squadre
in modo meglio definito, pensando alle tre posizioni
tecnico-organizzative: portiere, difesa e attacco. Le squadre erano fatte
sul momento (lì per l’ì) utilizzando i giovani presenti.
Intanto si sentiva sempre più la bellezza della vita. In primavera i
ragazzi amavamo fare delle scampagnate con le ragazze ancora in fiore.
Cory Gimelli, Rita Dini, Amelia Dini, Anna Gemelli,
Cesira Baldetti, Rosaria Danesi, Elvia Galli, Enrichetta Spinetti,
Piera Dini spesso cantavano canzoni popolari camminando per il piano e in
collina. In estate, ogni tanto, ci piaceva portare le ragazze
in barca e andare a Galenzana. Si pescava nel Bagnolo e si ritornava a casa
con il paniere o la borsa piena di gnacchere,
lampade e ricci di mare.

Squadra
di Calcio al Campello (1953-54): Sopra da Sinistra: A. Mazzei,
C. Dini, R. Sandolo, N. Pierulivo, G. Mazzei,
M. Dini, non idetificato -. Sotto da sinistra: P. Dini, U.
Dini, M. Adriani M. Colomo, A. Mazzei,
M. Costantino, O. Tesei,
B. Campatelli
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Ma
il calcio … Ho ancora in mente l’ immagine leggiadra di ogni amico nel proprio
ruolo. Ubaldo Dini (terzino destro), Mauro Dini (mezz’ala destra),
Oreste Tesei (mediano destro), Perez Marcello (Mediano destro), Mario
Costantino detto Cibo (ala sinistra), Cesare Dini (mezz’ala sinistra),
Elvio Mazzei (centromediano), Antonio Mazzei detto Tacchetto (portiere) e
Michelino Adriani (terzino sinistro), Bruno Campatelli (mediano e
mezz’ala destra), Renzo Mazzarri (terzino e mediano destro),
Stefano Dini ( mediano sinistro), Marcello Colomo (mediano
sinistro) e poi … mio
fratello Mario (centravanti). Personaggi particolari del momento furono
Giocondo Mazzei (portiere) fratello di Elvio e
Ildo Cervini (ala destra): il primo per i le sue parate spericolate
nella polvere e le sue
borbottanti imprecazioni, il secondo per le frasi tipiche da lui coniate
come “àlamelo!” (passami il pallone all’ala) e “bévitelo!”
(supera l’avversario con un dribling). Sono contento quando ho la
possibilità di vederli e posso ritornare agli anni passati. Incontro poco
Renato Palmieri (portiere e arbitro) e Pier Luigi Dini (portiere e
arbitro) in quanto sono andati ad abitare continente. Con piacere, parlo
sovente con Elbano Battaglini, i fratelli Peppino e Mario Tacchella, Cesare Cervini, Silvano Spinetti, Nilo
Pierulivo. Erano amici che giocavano poco o niente al calcio, ma,
sicuramente, nel tempo libero avevano altre attrazioni. Le ragazze più
grandi come Piera Ditel, le sorelle Maria e Antonietta Galli, Anna
Palmieri frequentavano i giovani della loro età. Frattanto Peppino
Battaglini, Mario Palmieri e
Benito Greco prestavano attenzione alla politica. E anche Piero Medori,
che era preso da altri interessi, ci frequentava poco.
Con
me, continuò a giocare un gruppo unito e ristretto: Mauro, Ubaldo,
Oreste. Ci vedevamo spesso il giorno precedente la partita, per parlare di
giocatori, di ruoli, di tattiche. Rari erano gli allenamenti. Solo qualche
partitella sulla spiaggia. Ogni anno si giocavano partite importanti:
Scapoli contro Ammogliati (ricordo, fra gli Ammogliati,
Ugo Frati, Francesco Cassese e Ciro di Frenna)
ed anche Campesi contro Villeggianti (ricordo, fra i
villeggianti, Mario
Gasparinetti di Roma, la cui famiglia era ospitata in casa dei
Selci in via Case Nuove).
Prima
della guerra, i giovani di allora, Alceste
Nomellini, Giovanni Gentini detto Nannino e Sirio Donnini scorazzavano
sul campo da gioco. Poi arrivammo noi, proiettati verso l’avvenire.
Dapprima ammiravamo i giovanotti, più bravi, come Fulvio Bontempelli
detto Bambolobono, Franco Baldetti, Mario Galeazzi, Nedo Danesi, Glauco
Gennari, Gigetto Mattera e Idilio Spinetti detto Tittoline. Quindi ... noi
... continuammo ad affermarci.
Il Campello,
per me, per Ubaldo, per Cesare, per Stefano, per Nilo, grandi tifosi del
Toro, ...era grandioso come il leggendario Stadio Filadelfia. Anche gli
altri giovani ammiravano il loro lo stadio del cuore.
Eravamo
quelli che amavano giocare al calcio, che
avevano il calcio nel sangue.
Ci
sentivamo quelli del Campello! Il
Campello era il nostro stadio, lo stadio campese, la nostra bandiera!
Si
puliva spesso noi stessi il terreno di gioco in terra battuta e si
appianavano le buche. Il verde dell’erbetta era praticamente
inesistente. Prima delle partite importanti si facevano le strisce bianche
regolamentari utilizzando la calce e si mettevano i pali delle porte con
la rete. Il pallone per giocare, agli inizi, era un normale pallone di
gomma ma poi si dovette utilizzare un pallone di cuoio, più pesante. La
novità portò molto entusiasmo ma ci costrinse ad usare le scarpe di
gomma. E, tutto questo, veniva fatto con grande dedizione , con tanto
sacrificio, con i nostri soldi.
Organizzavamo
delle partite anche a Pianosa o
a Marciana Marina.
Talvolta
si giocavano, con grande impegno, delle partite che duravano 5 o 6 ore
con il risultato finale a molte reti. Durante la partita i
giocatori potevano assentarsi per ore, sempre sostituiti nella squadra. La
stanchezza era grande ma il divertimento ancora più grande. Ci si
riposava, nei brevi intervalli, ai bordi del campo o sulla spiaggia e si
frenava la sete con l’acqua del rubinetto di Cesaraccio. Il pover’uomo
ci faceva qualche urlo e spesso ci sgridava, ma poi finiva con
l’accettare, bonario e rassegnato, che noi bevessimo l’acqua della sua fontina
Col
tempo, verso la metà degli anni ’50, io, che studiavo nel Collegio
Salesiano di Borgo San Lorenzo, cominciai a giocare con la Robur, in Ia
Divisione – Zona Firenze, con mia grande soddisfazione. Frattanto a
Campo altri giovani si avvicinarono al nostro mondo: taluni amavano
giocare come Massimo Cassese, Romelio Montauti, Umberto Foresi, Leonetto
Spinetti, Nino Colomo e Nino Morganti, altri praticamente per stare
insieme in allegra compagnia. Vanno Segnini, Giorgio Montauti, Elbano
Ditel detto Napo, Marcello Paolini, Almiro Dini e Peppino Montauti erano
fra quest’ultimi.
Negli
anni successivi, Giuliano Retali , che aveva cominciato a fare
l’università assieme a Pier Luigi Dini, si unì a noi cercando di dare
una migliore impostazione e imponendo delle regole. Diventammo una squadra
meglio organizzata e facemmo alcune partite “ufficiali” con l’Audace
di Portoferraio, con la squadra di Marciana Marina e con la squadra di
Pianosa. Ho ancora nelle
orecchie le raccomandazioni di Giuliano nelle partite di Pianosa che ci
chiedeva di non giocare duro e di fare molta attenzione per timore che
nella squadra degli Agenti di Custodia fosse stato inserito, a nostra
insaputa, anche qualche
detenuto, che avrebbe potuto reagire pericolosamente.
Oggi,
purtroppo, ho molti impegni e vado raramente a vedere le partite della
Campese che gioca nel nuovo Stadio, bello e organizzato. Sono contento per
i giovani d’oggi... ma il Campello era un’altra cosa.
Il Campello era il nostro terreno di gioco e lo si curava come se
fosse di nostra proprietà. E poi si aveva la passione per il calcio, si
giocava insieme con un profondo spirito di amicizia, si era fortemente
disinteressati e si facevano molti sacrifici anche contro la volontà dei
nostri genitori. Si pagava di tasca nostra con rari aiuti esterni.
Quando
ero lontano dall’Elba, nel mio girovagare in Paesi lontani per lavoro,
ho talvolta pensato con nostalgia a quelli del Campello.
Ora che sono ritornato all’Elba sono felice di rivedere quelli
che amavano giocare al calcio. Purtroppo non ci sono Ubaldo, Oreste,
Michelino, Marcello, Giocondo, Ildo ed altri amici ancora. Li immagino
giocare, felici, su immensi prati verdi assieme a Piola, Meazza, Charles e
a tanti altri gloriosi campioni del passato.
Per tutti noi
il calcio fu una palestra di vita che permise di avviarci su strade sicure
evitando le deviazioni pericolose. Pensavamo”Andiamo avanti !”… e
ognuno prese la propria strada, spesso in accordo e talvolta in contrasto
con la famiglia. Si andava avanti superando gli ostacoli che le
consuetudini o le mentalità ristrette ci ponevano davanti. Non sempre si
andava d’accordo ma mai si era su posizioni estreme. Fra noi c’erano
sicuramente degli screzi sul campo da gioco e fuori ma gli attriti
duravano poco. Prevaleva il senso della
collaborazione, della comprensione, della stima reciproca, del
rispetto anche in presenza di scherzi. Il nostro comportamento era spesso
vivace e si faceva soprattutto attenzione a non superare determinati
limiti. Si guardava in faccia all’avvenire, senza pregiudizi, fuori da
ogni schema mentale precostituito, con spirito libero e tanta allegria nel
cuore. Vivevamo la nostra etica morale anticipando i tempi. Eravamo figli
di contadini, di marinai, di pescatori, di artigiani, di insegnanti, di
impiegati e il rapporto fra noi era integrato e solidale al di fuori delle
differenze sociali e culturali. Campo stava cambiando e, fra molteplici
difficoltà, cercava altre
vie di sviluppo. Noi, quelli del Campello, si andava avanti, ammirati,
criticati e guardati con ironia. La passione per gioco del calcio era la
nostra fede e ci teneva uniti nel
nostro stile di vita.
Correvamo
con i capelli al vento e la catenina d’oro in bocca. Bagnati di sudore,
con i nostri gioiosi movimenti, puntavamo verso la porta avversaria,
driblando, scattando e poi .... rete! Correvamo felici verso il nostro
destino per un domani migliore.
Raffaele
Sandolo
elbasun@infol.it