Nel
tardo pomeriggio di sabato 29 luglio, il San Gaetano, motobarca da pesca
comandata da Silverietto, si avvicina al porto di Marina di
Campo. Ritorna dopo tre giorni in mare a sud dell’Isola d’Elba. Gira
il molo foraneo, a
sinistra, per andare verso il molo dei pescatori.
Si trova davanti molte barche da pesca ed alcuni
pescherecci. Le zaccalene, grandi barche come Condor, Rondine,
Edda e Cesare, appaiono
imponenti
e occupano lo specchio di mare
assieme alle barche da pesca più piccole. Si capisce che ci
saranno difficoltà
nella manovra
di attracco.
Silverietto, o meglio Silverio Avellino,
riesce ad aprirsi un varco e si mette dietro Lo Sparviero.
Michele,
giovanotto di venti anni imbarcato col padre, mentre lega la cima,
chiede ad un amico che lo guarda incuriosito. “Hai visto nonno? “ Un
altro pescatore vicino risponde: ”Chi? Scellone? Era con la moglie.
Forse ora è seduto all’ombra del pino solitario con gli amici”.
Scellone,
o meglio Giuseppe Avellino, abita a Campo da oltre cinquanta anni, è
spostato con Vittoria ed ha una figlia Anna Vittoria e tre figli
Silverio, Antonio e Giovanni. La moglie vende il pesce nella pescheria
del paese. Lui ha fatto il pescatore per molti anni navigando a sud
dell’Elba, fra Montecristo e Pianosa. Molte delle sue abitudini sono
rimaste quelle di un tempo. Parla ancora il ponzese stretto che si
parlava una volta alla Calacaparra, frazione di Le Forna, anche se
capisce la lingua italiana. Le sue battute, le sue frasi, i suoi detti
hanno sapore di mare e sempre fanno riferimento alle proprie radici.
Spesso Scellone è in compagnia di Ciaccionazzo, altro personaggio di
origine ponzese, buon parlatore, proveniente da La Piana, sempre nella
zona di Le Forna. Angelo Feola, detto Ciaccionazzo, oggi ha quasi
settantadue anni. E’ venuto a Campo quando era ancora ragazzo, assieme
agli zii Raffaele e Rosaria Calisi.
Come Scellone, parla raramente in lingua italiana e si esprime in
ponzese. Gioca spesso ‘a maniglia, con carte napoletane. Tutti e due
passano i pomeriggi estivi all’ombra del pino solitario del porto,
seduti sulle due panchine in legno,
in compagnia di altri pescatori provenienti da Ponza.
L’arrivo
del San Gaetano nel porto è annunciato dall’amico di Michele. Il
nonno ascolta...e poi: “ Addostà ‘a varca?”...quindi si interessa
del pesce pescato: ”Scurfanielli? Sauarielli? Raoste?”
Nessuna risposta da parte del ragazzo che subito ritorna alla barca.
Riprende Scellone: “Aggia’ì a vedé figlieme”. E, rivolgendosi a
Ciaccionazzo:
“Tu...nun viene cummé?”. La risposta è immediata: “Nu
mument! Mo’ vene frateme”. Mentre Scellone si allontana arriva
Silverio Feola, detto Margherita, pescatore da molti anni a Campo. Aveva
saputo che il fratello era stato male e gli chiede: ”Cumme stai?
Muglierete m’a ditt c’a ieri non stavi bene. Hai lavorato nei campi
e ti sei affaticato”.
Risponde: “Nun te da’ pensiero.
Me sent ‘i camminà e sto bene.”.
Continua a parlare e racconta dei dolori alle gambe e della
nottata passata male. Altre persone arrivano piano piano. Lo ascoltano,
in silenzio, Agostino Mastaitano, Gaetano Sacchetta , Antonio Anellone, Leopoldo
u’ pastore,
Mariotto ‘i Tobia,
Francesco ‘i
Sacco,
Peppe Insomma, Gennaro ‘a Volpe, Bruno ‘i Pizze, Girotto ‘
i Moisè.
Poi,
con la bicicletta, arrivano zio Ugo
e Cesare ‘i Musolino. Si affiancano a Enzo ‘i Sciortino,
appena arrivato. Mario ‘u Pastore sul suo triciclo arriva poco dopo.
E’ affaticato ma quando sente Ciaccionazzo parlare e lamentarsi,
interrompe: “Fatelo smettere! Si lamenta sempre.... i suoi racconti mi
spaccano la testa”. Continua: ”Vengo dal molo. Ho appena parlato con
Scellone e mi ha detto che il San Gaetano ha fatto una bella pescata.
Tre quintali di pesce...una cassa di Aragoste, cinque casse di Scorfani,
tre Dentici, alcune casse di Pacielli ed una decina di casse di Naselli.
Silverietto ha faticato e si è meritato l’aiuto di San Silverio!”.
“Mi sembri don Gennaro Sandolo, u’ prieute ‘i Salardo ”
risponde Sacchetta e poi continua: “Oggi ormai tutte le barche hanno
il GPS ed anche il Plotter”. Arrivare sulla secca di Casciaforte è
facile con questi strumenti. E poi...ti aiutano anche a trovare i
pesci”. “No non sono daccordo” risponde Anellone “ci vuole anche
competenza e abilità”. Margherita, che è stato a lungo in silenzio,
irrompe:”Ma che state dicendo! Ai miei tempi si pescava senza GPS e
altri strumenti moderni...eppure si riempivano le barche di pesce”.
Riprende “Stefano Panzone con lo Za-Za,
Giovannino ‘i pizze con i Tre fratelli, Aniello-Aniello e Aniello ‘u
Mago con il Sant’Emiliano e anche Don Biase con il Mario navigavano
orientandosi di giorno con i segnali e lo scandaglio a mano mentre di
notte si aiutavano con le stelle e i fari della costa. Eppure caricavano
le barche di castardelle e di naselli, come pure di Aragoste”.
“Si...ma i mari erano più pescosi. Oggi sarebbe diverso”
dice ‘a Volpe”.
Zio Ugo con i suoi modi gentili, osserva:
“Ascoltate. Capisco le parole di Ciaccionazzo come pure parlano bene
Sacchetta e ‘a Volpe”. “Ai miei tempi, con le Zaccalene si pescava
molto. Ognuno di noi si è fatto una casa in quegli anni” e prosegue:
“E’ vero che i ponzesi,
appena arrivati a Campo, dopo il 1960,
si mettevano a fare anche altri mestieri
come il falegname e il commerciante, ma le Zaccalene sono state
la nostra fortuna, grazie a Aniello-Aniello, a’ Tramontana, Aniello
u Mago, Casciaforte, Raffaele Murtas e Capitan Fracassa.
Hanno vinto l’esperienza e la tecnica insieme”. E poi:
”Ricordo che con il Padre Pio, negli anni attorno il 1980, prendemmo
tremilaseicento casse di pesce ..acciughe, boghe e lacerti. Il capobarca
Domenico, figlio di Sacchetta, decise di portare il pesce a Piombino ...
trenta tonnellate di pesce!”
“No,
nun è accussì“ dice con veemenza “u
calabrese, nato da famiglia ponzese ma con i nonni calabresi. Aggiunge:
“Siamo nel 2005. I pescatori sono più bravi! Abbiamo gli strumenti
moderni ma anche conoscenze ed sperienza! La pesca oggi, nel mare
toscano, è più difficile! Ad ogni modo,
con la mia zaccalena, La Rondine,
mi tolgo ancora tante belle soddisfazioni. “Va bene...va
bene.” dice Margherita
“Stanno arrivando in porto altre barche. Andiamo a vedere”.
Con
passo lento alcuni pescatori si incamminano verso il molo mentre altri
vanno casa attesi dalla famiglia.
Rimangono
solo alcuni ad ascoltare Dario ‘u Calabbrese, che si esprime
impetuosamente a gesti. Altre
persone arrivano ... Donato ‘a Fucetola,
Elbano ‘i Pizze, Andrea ‘u Rangiottolo.
Un
ragazzo
si
avvicina.
E’ Davide Calisi, nipote di Peppe
u’ Squarcione.
Si siede sulla panchina, stanco, con le gambe aperte e ascolta.
Passa Peppe, Giuseppe Morlé, che proviene dal molo foraneo e cammina
lentamente con la bicicletta a fianco . Si ferma a guardare Davide
ancora affaticato e domanda: “ Che fai? Come è andata la pesca col
San Gaetano?” La risposta è immediata: ”Bene … ma un inferno!
Vento e schizzi d’acqua salata in faccia”.
E poi, dopo un momento di pausa ed essersi asciugata la fronte
con un fazzoletto,
sbuffa: ”Meglio studiare! A scuola si suda di meno ...”.
Beppe sorride e prosegue verso il suo guzzo ancorato al moletto,
per controllare gli ormeggi.
Le
parole continuano sotto il pino solitario. Il sabato è giorno di riposo
per la pesca e le barche non devono uscire in mare per la notte.
Mentre
il sole tramonta, il cielo si tinge di un rosso purpureo sopra S. Piero
e una leggera brezza viene dal mare. I bar sul lungomare si ravvivano di
turisti festosi pronti per l’aperitivo serale mentre la musica dei
ritmi sudamericani si espande nell’aria.
Ogni
giorno, al calar del sole, il rito si rinnova sotto il pino solitario.
Il passato ritorna e si raffronta con il presente mentre la vita
continua.
Raffaele
Sandolo
elbasun@infol.it